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Rastafarianesimo: religione o stile di vita?

Dreadlocks, ganja e musica reggae: questi sono i segni distintivi del popolo rasta, ciò che lo rende riconoscibile. Non tutti sanno però che il rastafarianesimo è una vera e propria religione! I segni esteriori che siamo abituati a riconoscere sono la rivisitazione moderna e, se vogliamo, un po’ “pop” di pratiche religiose con significati molto profondi.

Per molti fumare l’erba, acconciarsi i capelli nei caratteristici locks e adottare uno stile di vita aperto, gioioso e rispettoso è semplicemente una filosofia, un modo di vivere; per chi è un seguace del rastafarianesimo, invece, c’è sotto anche un contenuto spirituale più profondo.

Vediamo insieme alcuni aspetti della religione rasta, per conoscerla meglio!

La storia

Il rastafarianesimo nasce come movimento religioso strettamente legato all’indipendenza dell’Etiopia. Dalla fine dell’800 il movimento etiopista si proponeva di recuperare il valore della cultura africana attraverso una lettura particolare del cristianesimo: la tribù di Giuda (cioè il popolo etiope), nata dall’unione del re ebreo Salomone con la regina di Saba, era per loro la vera erede del messaggio cristiano. Nel 1930 sul trono d’Etiopia salì finalmente un “Ras Tafari”, cioè un imperatore, un re dei re: era il sovrano Hailé Selassié I, che fu più tardi identificato dai credenti come una nuova incarnazione di Gesù Cristo.

 

I valori

I rastafariani credono in una religione che è di fatto un’evoluzione del cristianesimo: accettano l’insegnamento di Gesù, la dottrina della Trinità, credono nella resurrezione dopo la morte e leggono il Vangelo. Oltre a queste cose però hanno anche un libro sacro tutto loro, il Kebra Nagast. Nella teologia rastafariana i fedeli credono che  Hailé Selassié I, il “leone di Giuda”, sia stato una nuova incarnazione di Gesù e quindi seguono il suo insegnamento. La sua venuta era stata predetta dal sindacalista africanista (per i rasta profeta) Marcus Garvey, che aveva predetto l’incoronazione di un re nero che avrebbe spinto al ritorno in Africa tutti gli ex-schiavi ancora in esilio. L’Etiopia è vista dai rastafariani come “la nuova Gerusalemme”, la terra promessa. I valori della religione rasta sono l’apertura spirituale, l’autodeterminazione dei popoli, il ripudio della guerra, il principio della sicurezza collettiva, l’antitotalitarismo dei sistemi politici e l’uguaglianza tra i popoli del mondo.

 

I dreadlocks

I tipici dreadlocks portati con orgoglio dai fedeli rasta si riallacciano al mito biblico di Sansone. Questo personaggio leggendario era dotato di una forza sovrumana, donata da Dio, ma la perdeva ogni volta in cui gli venivano tagliati i capelli. Lasciarsi crescere i capelli senza mai tagliarli né pettinarli (così da ottenere i tipici “nodi”) è visto dai credenti come un segno di devozione a Dio e come una dimostrazione tangibile della loro fede.

 

La ganja

L’erba è menzionata, secondo alcuni studiosi, già nell’Antico Testamento. Secondo il movimento rastafari, la pianta nacque sulla tomba di re Salomone, il saggio, e per questo chi la fuma acquisisce una coscienza superiore. La marijuana, secondo altre leggende, sarebbe la pianta della saggezza che cresceva nel giardino dell’Eden, accanto all’albero della conoscenza del bene e del male. I rastafariani sono contrari all’uso dell’alcool e utilizzano invece l’erba a scopo meditativo.

 

Il reggae

La musica reggae, grazie a personalità trascinanti come Bob Marley e Peter Tosh, ha avuto il pregio di far conoscere la cultura rasta in tutto il mondo! Questo genere musicale nasce in Giamaica, dove a partire dagli anni ‘60 era in atto una grande rivoluzione culturale, e inizialmente era suonato soprattutto negli ambienti più poveri e underground. Presto questa musica divenne il simbolo dell’emancipazione di tutti i popoli colonizzati e sottomessi e diede un grande contributo alla diffusione del credo rasta. Alcuni fedeli tuttavia non amano questo genere musicale perché lo trovano troppo commerciale. La vera musica sacra dei rastafariani è di origine africana e si chiama Nyabinghi: Bob Marley incorporò alcuni elementi di questa tradizione nelle sue canzoni.

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