Il CBD, un fitocannabinoide non psicoattivo proveniente principalmente dalla cannabis sativa, è tra le sostanze naturali più studiate tra chi si occupa di psicologia e neurologia. La cannabis è una pianta conosciuta fin dall’antichità per le sue proprietà mediche e la ricerca moderna sta rivalutando queste potenzialità nell’ottica di aiutare sempre meglio le persone che soffrono di condizioni croniche a contenere i sintomi.
Sono ben note le virtù ansiolitiche, anti-psicotiche, anti-infiammatorie, analgesiche, antiepilettiche, antiemetiche e antitumorali del CBD e della cannabis in generale; c’è però ancora molto da scoprire sui possibili usi di questa straordinaria sostanza per la cura di tanti disagi psicologici.
CBD: effetti sul cervello dal punto di vista chimico
Gli effetti della cannabis sul cervello sono positivi grazie a una interazione di questa sostanza con la chimica del nostro sistema nervoso. Nel nostro corpo – se ne parla poco – è presente un sistema endocannabinoide, in linguaggio medico SEC. Si tratta di un sistema di segnalazione lipidica che serve a mediare e regolare una serie di funzioni come l’appetito, il sonno, la memoria e anche l’umore. I cannabinoidi come il CBD entrano in contatto con questo sistema e ne modulano positivamente l’attività.
Gli effetti del THC sul cervello sono molto più potenti rispetto a quelli del CBD ma essendo questa una sostanza psicoattiva (usata spesso a scopo ricreativo) potrebbe causare dei disagi superiori al voluto per certe condizioni mediche. Inoltre purtroppo in molti Paesi la cannabis “completa” ancora è considerata illegale. Ecco perché il CBD è così attenzionato dagli scienziati: ha delle funzioni importanti in comune col THC ma riduce i disagi correlati all’assunzione e “salta” il problema della legalità.
Quando beviamo una tisana con CBD, fumiamo i fiori di cannabis legale o assumiamo l’olio di canapa sotto la lingua compiamo un’azione attivatrice del sistema endocannabinoide stimolando la sua risposta. Ma al di là dei problemi più semplici, come l’ansia lieve o l’insonnia, per cui il CBD è prescritto già da anni da medici di tutto il mondo, andiamo ora a scoprire le proprietà di questa sostanza anche sul fronte neurologico.
Cannabis: effetti sul cervello dal punto di vista della ricerca neurologica
Sono molte le ricerche internazionali che dagli anni ’80 in poi si sono occupate di definire gli effetti del CBD sul cervello. Tra i ricercatori di punta annoveriamo il Professor José Alexandre Crippa dell’Università di San Paolo (Brasile) che da oltre 40 anni produce studi di alta qualità su questa sostanza e i suoi effetti neurologici. Il professor Crippa è stato tra i primi a scoprire gli effetti ansiolitici del CBD ma anche a mettere all’attenzione del mondo le sue virtù antipsicotiche. È grazie a ricerche come queste che sempre più neuropsichiatri nel mondo prescrivono cannabis ai loro pazienti.
Fondamentale è stato uno studio del 1982 che ha messo a confronto CBD e THC in volontari sani. La molecola THC presa da sola e in alte dosi poteva provocare ansia e sintomi psicotici, mentre il THC unito al CBD mostrava un’incidenza attenuata di questo genere di problemi. Da lì gli scienziati hanno iniziato a comprendere e valorizzare il ruolo protettivo del CBD per il cervello e la sua grande importanza sia per i consumatori di cannabis “completa” sia per i consumatori di solo CBD a scopo medico.
effetti del CBD sulla paura: una molecola anti-ansia
Una ricerca scientifica molto interessante ha analizzato il ruolo del CBD come regolatore della risposta del cervello di fronte a stimoli paurosi. I volontari sono stati sottoposti a risonanza magnetica mentre osservavano immagini di volti “paurosi” con e senza assunzione di CBD.
È stato riscontrato che il cannabidiolo interveniva su tre parti del cervello, il cingolato anteriore e posteriore e l’amigdala, aiutando ad attenuare la risposta cerebrale a stimoli paurosi. Da questa e altre ricerche simili è stata portata all’attenzione scientifica la potente proprietà ansiolitica del CBD. Questa molecola, infatti, riduce l’eccitazione neuronale connessa a stimoli paurosi presenti o temuti, riducendo significativamente l’ansia.
CBD come aumentatore del tono endocannabinoide
Diversi studi hanno dimostrato che il CBD inibisce la degradazione dell’Anandamide (AEA), uno dei principali endocannabinoidi prodotti dal nostro organismo. Nel nostro corpo è presente un enzima detto FAAH (dall’inglese Fatty Acid Amide Hydrolase) che provoca la degradazione dell’anandamide e quindi diminuisce l’attività del sistema endocannabinoide. Ma il CBD inibisce il FAAH e per questo gli scienziati affermano che il CBD aumenti il “tono endocannabinoide”.
Che vuol dire? In pratica l’anandamide quando si degrada comporta una “disattivazione” del sistema endocannabinoide rendendo le persone più soggette a disregolazioni dell’umore, ansia eccetera. Il CBD, a differenza di molte altre sostanze come il THC, ha un’azione indiretta ma preziosa sul sistema endocannabinoide aumentandone il tono, ossia le prestazioni.
Praticamente quando assumiamo CBD facciamo una “coccola” al nostro sistema endocannabinoide e lo aiutiamo a funzionare meglio.
È illuminante l’esempio di una donna scozzese, citato da alcuni studi, che presentava una mutazione genetica dell’enzima FAAH: nel suo corpo la sostanza non “funzionava” come nelle altre persone. Questa signora fortunata dimostrava un tono dell’umore particolarmente buono e una scarsa percezione del dolore, nonostante avesse subito un intervento di chirurgia ortopedica che doveva risultare doloroso anche per via dell’umidità della sua terra natale.
Chi assume il CBD può replicare in qualche modo le condizioni fortunate di questa signora 66enne in ottima forma mentale e fisica.
CBD come cura: sfatare i pregiudizi
In questo articolo, per ragioni di spazio, non abbiamo potuto approfondire tutte le proprietà positive del CBD sul cervello, ma speriamo di aver dato l’idea di come la scienza consideri preziosa la ricerca su questo campo. Il cannabidiolo è una medicina antica, ma anche in qualche modo la medicina del futuro: nonostante sia così naturale può aiutare concretamente ad alleviare i dolori fisici e psichici, a contrastare l’ansia e anche ad avere una funzione neuroprotettrice.
È quantomai fondamentale che la politica tenda la mano alla scienza smettendo di ergere barriere ideologiche contro la cannabis e riconsiderando le sue importanti funzioni per il benessere della popolazione, tantopiù che è priva di quei dannosi effetti collaterali che vediamo spesso in chi deve assumere medicine “tradizionali” per lungo tempo.
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