Una delle domande più frequenti per chi entra nel mondo della coltivazione della cannabis riguarda i semi da scegliere. In commercio, infatti, esistono molte varietà con caratteristiche diverse tra le quali può sembrare complicato fare una scelta oculata. La pianta di cannabis è così amata in tutto il mondo da fare sì che i coltivatori sperimentino incessantemente nuove genetiche, che poi si possono diffondere attraverso il commercio dei semi: ne esistono di più ”rustici”, di più difficili da coltivare, di più adatti all’esterno o all’interno e così via.
Per cominciare, i macro gruppi in cui si dividono le genetiche della cannabis sono tre: indica, sativa e ibrida. Imparare a distinguere queste tipologie è molto importante perché rispondono a usi diversi. La cannabis indica, infatti, ha un valore che potremmo definire sedativo: quando è consumata rilassa, lenisce il dolore e favorisce il sonno. È perfetta come pianta terapeutica e le sue dimensioni piccole (sotto il metro e venti circa) la rendono perfetta da coltivare in casa.
La cannabis sativa, al contrario della indica, ha poteri psicoattivi ed energizzanti: è la classica scelta ricreativa, ma è amata anche dagli artisti in cerca di ispirazione. Le sue dimensioni sono più elevate rispetto a quelle della cannabis indica: in questo caso parliamo di altezze che possono raggiungere i tre metri.
La vera svolta per chi vuole combinare in un unico prodotto le genetiche delle due varietà sta negli ibridi: esistono infatti semi che sono originati da un connubio variabile tra indica e sativa: ovviamente quelli a prevalenza indica (in rapporto circa 70/30) genereranno piante dall’effetto più rilassante, mentre quelli con prevalenza sativa saranno più utili per il divertimento in compagnia.
Oltre a questi aspetti, nella scelta del seme più adatto è utile considerare la quantità desiderata di CBD e THC. Le piante “medicinali” sono generalmente alte in CBD e quasi prive di THC: è la cosiddetta cannabis legale.
Un’altra distinzione utile per scegliere i semi riguarda la coltivazione della cannabis vera e propria, con le sue fasi di crescita e fioritura. La grande differenza si ha tra i semi fotoperiodici e quelli autofiorenti. Le piante fotoperiodiche sono quelle che hanno un comportamento più “naturale”: hanno bisogno di tanta luce per crescere e iniziano a fiorire quando la luminosità inizia a scendere. Le piante autofiorenti, invece, fioriscono dopo un certo tempo indipendentemente da quanta luce ricevono: per questa caratteristica sono adatte ai coltivatori meno esperti.
Un’ultima distinzione importante riguarda il “sesso” della cannabis: infatti le piante che producono fiori sono esclusivamente femmine. Anche qui vale il criterio dell’esperienza: i meno esperti, per evitare pasticci, possono comprare i semi cosiddetti femminizzati, cioè solo femminili, mentre i coltivatori più avanzati preferiscono i semi regolari, dove una volta cresciuti i maschi vanno separati dalle femmine ma in compenso la qualità dell’aroma è migliore. Il pregio dei semi regolari risiede nel fatto che è possibile ottenere dei fiori evitando l’impollinazione delle piante, ma anche produrre nuovi semi se si decide di riprodurle.
Come abbiamo visto, il mondo dei semi della cannabis è complesso e pieno di varietà: l’idea migliore, se si è alla prima coltivazione, è parlare con il proprio rivenditore di fiducia e chiedere consigli in base al tipo di uso desiderato, ma anche rispetto al tipo di attrezzature che si posseggono (importantissime per una coltivazione indoor riuscita).